Con l’arrivo del deficit del nostro paese al 133% del PIL ( il secondo della UE) si apre ufficialmente la caccia alla liquidità, ma con accenti depressionari che tradiscono la mancanza di idee e di coraggio che caratterizza la nostra dirigenza politica.
Chi mostra i segni di aver chiari i propri obiettivi sono alcuni ambienti finanziari italiani che sembrano mirare a drammatizzare la situazione per giungere a una moratoria se non ad una sorta di fallimento generale incontrollato – niente più debiti- da cui si uscirebbe solo abbandonando l’Euro.
L’uscita dalla moneta unica è fattibile in un paese unito e ordinato nelle istituzioni e obbediente nella popolazione, come ad esempio la Francia o anche la Spagna, ma che in uno stato sbrindellato come il nostro o la Grecia, avrebbe effetti socio politici devastanti.
D’altronde sappiamo anche che siamo stati incapaci ad entrare nell’Euro e ci siamo fatti pilotare, cosa fa pensare ad alcuni che saremmo capaci ad uscirne, è per me un mistero.
Sembra che pochi si rendano conto – forse nessuno – che il sommovimento sociale e politico che accompagnerebbe l’evento potrebbe produrre effetti comparabili a quelli di una guerra civile libanese prima maniera, in cui ogni fazione tornerebbe ad armarsi come nel secondo dopoguerra.
Avremmo un futuro economico e politico da Kosovo o Montenegro, in cui le uniche realtà capaci di produrre ricchezza sono, come noto, il contrabbando, la contraffazione, l’adulterazione alimentare e il riciclaggio dei rifiuti tossici.
Ci avviciniamo al momento della verità e decidere dove andare a prendere con urgenza i circa cento miliardi che servono per ristabilire la situazione.
Ho più volte indicato che la via maestra indolore sarebbe stata la nazionalizzazione e riprivatizzazione delle fondazioni bancarie, ma pare che tutti gli errori commessi da Giuliano Amato siano intoccabili e la fine miseranda che attende alcune fondazioni fa ormai pensare che il ricavato sarebbe inferiore a quello ipotizzato cinque anni fa.
La patrimoniale, molto malfatta, è già in funzione ed è applicata a soggetti di dubbia esigibilità in tempi brevi.
La proposta Savona di creare un fondo immobiliare che raccolga denaro fresco a migliori condizioni di rating, ha tempi ormai lungi e la trasfusione rischia di giungere a paziente deceduto.
È quindi necessario ipotizzare una manovra finanziaria integrativa di governo oltre a quella ( solo da me ipotizzata) verso le banche, per raccogliere almeno altri cinquanta miliardi.
L’ unica strada percorribile in tempi brevi – lo dice Lookout di questa settimana – è ” l’emissione di obbligazioni a tasso fisso, garantite dallo Stato, da parte della Cassa Depositi e Prestiti (CDP) da allocare presso le due “casse-forti” italiane: i Fondi Pensione (104 miliardi di euro di raccolta) e le Assicurazioni (108 miliardi di euro di premi annui raccolti, 526 miliardi di euro di investimenti e 397 miliardi di euro a copertura delle riserve tecniche, IVASS – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, 2013).
Le obbligazioni della CDP sarebbero sicuramente migliori di molti titoli di debito sovrano estero, che abbondano nei portafogli, e non inferiori a quanto attualmente assicurato dalla gestione patrimoniale di molte delle 19 casse previdenziali private e dei fondi pensione negoziali. “
” Per le assicurazioni forse vale la pena ricordare che appena due giorni fa l’IVASS ha chiesto a Unipol-Sai di intervenire sui 6,5 miliardi di titoli strutturati (derivati), di cui 5,2 nella sola Unipol, che la compagnia assicurativa deteneva al 30 giugno 2013.
Dal punto di vista dell’affidabilità-solvibilità, forse è venuto il momento capire che da questa crisi o si esce con uno scatto in avanti e tutti insieme, oppure c’è il collasso che può essere sociale, dell’euro o di entrambi, ma in tal caso sarebbe difficile esigere il pagamento dei debiti da chiunque e ovunque fossero stati contratti.”
Infine, è bene ricordare che altri paesi dell’UE sono ricorsi ai patrimoni delle casse previdenziali e dei fondi pensioni con interventi ben più coercitivi.
Il governo francese ha richiesto alle casse previdenziali di riorientare il proprio attivo verso i titoli di stato.
In Polonia il governo ha imposto il trasferimento delle obbligazioni coperte da garanzia pubblica (titoli di stato) in possesso dei fondi pensione nelle casse dello stato (40 miliardi di euro).
In Ungheria, nel 2011, il parlamento ha nazionalizzato le case previdenziali.
La Germania , con un artifizio contabile ha escluso da sempre la sua equivalente della CDP dal bilancio dello Stato. Se lo facesse come facciamo tutti noi, il suo deficit passerebbe dall’80% a (cito a memoria) oltre il 93.
Antonio De Martini
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