Debito

venerdì 12 aprile 2013

Parola di Soros: Germania fuori dall'Euro


(O forse è meglio che ne usciamo noi?)

Quando a parlare è l'uomo che attaccò, e mise in ginocchio, la Lira e l'Italia con la sua operazione finanziaria passata alla storia c'è da stare doppiamente attenti. Si tratta di uno dei più grandi criminali della speculazione internazionale. Ma proprio per questo vale la pena se non altro prendere in esame ciò che dice. 
L'invito dello squalo è chiaro: la Germania deve uscire dall'Euro. E tali parole sono state pronunciate proprio a Francoforte, qualche giorno addietro, in un discorso tenuto al Centro Studi finanziari della città.
Riportiamo ampi stralci del discorso, perché in qualche passaggio si parla anche dell'Italia.
Secondo il finanziere:
la crisi dell’euro ha già trasformato l’Unione europea da associazione volontaria di Stati alla pari a una relazione creditori-debitori da cui non è facile scappare. I creditori sono destinati a perdere ingenti somme qualora uno Stato membro uscisse dall’unione, eppure i debitori sono soggetti a politiche che peggiorano la loro depressione, aggravano il loro peso debitorio e prolungano la loro posizione di subordinazione. Di conseguenza, la crisi ora minaccia di distruggere l’Unione europea. Sarebbe una tragedia di proporzioni storiche, che può essere evitata solo con la leadership della Germania.
L'analisi è chiara. La soluzione, a nostro avviso, un po' meno, visto che propone la Germania come arbitro di una situazione che ha contribuito in prima persona a creare. 
Sulla valuta, cioè sull'Euro, il discorso invece fila liscio come l'olio
Le cause della crisi non possono essere comprese appieno senza riconoscere il difetto fatale dell’euro: creando una banca centrale indipendente, i Paesi membri si sono indebitati in una valuta che non controllano. Innanzitutto, sia le autorità che i partecipanti al mercato hanno trattato tutti i titoli di stato come se fossero senza rischio, creando un incentivo perverso per le banche di accumulare titoli deboli. Quando la crisi greca ha sollevato lo spettro del default, i mercati finanziari hanno reagito senza mezzi termini, relegando tutti i Paesi membri dell’Eurozona altamente indebitati allo status di Paese del Terzo mondo iper-indebitato in una moneta estera. Successivamente, i Paesi membri pesantemente indebitati sono stati trattati come se fossero gli unici responsabili delle loro sventure, e il difetto strutturale dell’euro non fu corretto.
E dunque, secondo Soros, ecco la soluzione: eurobond.
Se i Paesi che si attengono al nuovo Fiscal Compact dell’Ue potessero convertire l’intero stock di titoli di stato in eurobond, l’impatto positivo rasenterebbe il miracolo. Il pericolo di default svanirebbe, e così i premi sul rischio. I bilanci delle banche riceverebbero un incentivo immediato, e così anche i bilanci dei Paesi altamente indebitati.
Insomma gli Eurobond sarebbero un miracolo. E anche per l'Italia, almeno a seguire il suo ragionamento. Risparmieremmo, infatti, il 4% del Pil. Il nostro bilancio, prosegue, "si trasformerebbe in surplus e gli stimoli fiscali sostituirebbero l’austerità. Di conseguenza, la (nostra) economia crescerebbe e il debt ratio scenderebbe. Gran parte dei problemi apparentemente intrattabili svanirebbe nel nulla. Sarebbe come svegliarsi da un incubo.
In accordo con il Fiscal Compact, i Paesi membri potrebbero mettere nuovi bond solo per sostituire quelli in scadenza; dopo cinque anni, i debiti scaduti sarebbero gradualmente ridotti al 60% del Pil. Se un Paese membro incorresse in altri debiti, potrebbe contrarre prestiti solo a nome proprio. Certamente, il Fiscal Compact necessita di alcune modifiche per garantire che le sanzioni per l’inosservanza siano automatiche, tempestive e non troppo severe per essere credibili.
Quindi, gli eurobond non rovinerebbero il rating di credito della Germania. Anzi, reggerebbero bene il confronto con i bond degli Stati Uniti, del Regno Unito e del Giappone.
Certamente gli eurobond non sono una panacea. L’incentivo proveniente dagli eurobond potrebbe non essere sufficiente per garantire la ripresa, quindi potrebbero servire altri incentivi fiscali e/o monetari. Sarebbe un lusso però avere questo tipo di problema. Il fatto più preoccupante è che gli eurobond non eliminerebbero le divergenze di competitività. I singoli Paesi dovrebbero ancora intraprendere le riforme strutturali. L’Ue necessita altresì di un’unione bancaria per rendere il credito disponibili a parità di condizioni in ogni Paese. (Il salvataggio di Cipro ha reso questa necessità più pressante rendendo ancora più forti le sperequazioni). Ma l’accettazione degli eurobond da parte della Germania trasformerebbe l’atmosfera e agevolerebbe le riforme necessarie.
Ovviamente, sul tema degli Eurobond, la Germania non è affatto d'accordo:
Da quando la cancelliera Angela Merkel ha posto il veto, quest’idea non è nemmeno stata presa in considerazione. I tedeschi non comprendono che accettare gli eurobond sarebbe nettamente meno rischioso e costoso che continuare a fare solo il minimo indispensabile per preservare l’euro.
La Germania ha diritto di rifiutare gli eurobond. Ma non ha diritto di evitare che i Paesi altamente indebitati scappino dalla loro miseria aggregandosi ed emettendo eurobond. Se la Germania si oppone agli eurobond, dovrebbe prendere in considerazione l’idea di lasciare l’euro. 
Ed ecco dunque il punto, secondo il finanziere.
Sorprendentemente, gli eurobond emessi da un’Eurozona senza la Germania reggerebbero ancora bene il confronto con le obbligazioni americane, inglesi e giapponesi.
La ragione è semplice. Dal momento che tutto il debito accumulato è denominato in euro, la differenza la fa quale Paese lascia l’euro. Se la Germania dovesse abbandonare, l’euro si deprezzerebbe. I Paesi debitori riguadagnerebbero competitività. Il loro debito diminuirebbe in termini reali e, se emettessero eurobond, la minaccia di default svanirebbe. Il debito diverrebbe improvvisamente sostenibile.
Allo stesso tempo, gran parte del peso dell’aggiustamento ricadrebbe sui Paesi che hanno lasciato l’euro. Le loro esportazioni diverrebbero meno competitive e incontrerebbero una pesante concorrenza dall’area euro nei loro mercati nazionali. Subirebbero altresì perdite sui loro titoli e investimenti denominati in euro.
Ma uno dei passaggi più interessanti è proprio in merito alla possibilità che invece sia l'Italia, ad esempio, a lasciare l'Euro. Seconco Soros:
Se invece fosse l’Italia ad abbandonare l’Eurozona, il suo debito denominato in euro diverrebbe insostenibile e andrebbe ristrutturato, gettando il sistema finanziario globale nel caos. Quindi, se qualcuno deve lasciare, quel qualcuno dovrebbe essere la Germania, e non l’Italia.
Il punto è dunque ben chiaro anche nelle menti degli speculatori: se l'Italia o altri paesi piigs lasciano, il "sistema globale finanziario andrebbe nel caos". Il che equivale a sottolineare esattamente ciò che, contrariamente a quanto sostiene Soros, si dovrebbe fare. Se è il sistema globale finanziario ad averci messo in questa condizione, non si capisce perché i Paesi dovrebbero impegnarsi per tenerne viva l'attività ed evitarne il caos.
Le cose quindi stanno esattamente al contrario. Ma Soros, ovviamente, pende per la posizione sistemica (e ci mancherebbe, visto il pulpito dal quale viene la predica).
L’Europa starebbe infinitamente meglio se la Germania scegliesse definitivamente tra eurobond e uscita dall’Eurozona, a prescindere dal risultato; in effetti, anche la Germania starebbe meglio. La situazione sta peggiorando e alla lunga è destinata a diventare insostenibile. Una disintegrazione disordinata derivante da reciproche recriminazioni e dichiarazioni incerte lascerebbe l’Europa in una situazione peggiore rispetto al periodo di avvio dell’ambizioso esperimento dell’unificazione. Certamente questo non è nell’interesse della Germania.
L'invito diretto alla Merkel è stato riportato giorni addietro anche sul Sole24Ore:
La Germania apra finalmente la porta agli eurobond o valuti l’ipotesi di lasciare l’eurozona che ha migliori possibilità di sopravvivere senza di lei. 
Secondo il finanziere noto per la sua scommessa contro la sterlina nel 1992, la Germania è andata troppo oltre nella gestione del salvataggio di Cipro, si sta essa stessa dirigendo verso una fase di recessione e deve finalmente decidere se abbandonare la propria avversità di lunga durata agli Eurobond o lasciare l’eurozona.
Il dato complessivo che emerge, infine, conferma quanto sosteniamo da tempo: il tema dell'uscita dall'Euro, della sua dissoluzione, e di chi ci abbia da perdere o da guadagnare nel continuare ad adottare o meno la moneta unica, è sul tavolo. Da tempo. E le opinioni contrastanti ne sono la conferma. Quale sia la nostra posizione è chiara. Ma sentirlo ribadire, e di fatto confermare, sebbene indirettamente, dalla bocca di uno come George Soros, avvalora ulteriormente la tesi.

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